Skip to content

Intervento 11 maggio 2024 - Gruppo studio

Comprendere, demistificare, responsabilizzarsi

Testo dell'intervento del Gruppo studio[1] alla manifestazione comasca per il cessate il fuoco a Gaza, tenutasi l'11 maggio 2024.


Una tragedia umanitaria sta avvenendo sotto i nostri occhi.

Sembra che negli ultimi mesi si sia riacceso un conflitto che ha insanguina le strade di Gaza e Israele, lasciando dietro di sé un sentiero di distruzione e sofferenza. Periodicamente ci accorgiamo che in qualche zona del mondo sono in corso guerre in cui violenza e crimini sono all’ordine del giorno.

Ma d’altronde la colpa non grava totalmente su di noi, le informazioni da cui noi siamo inondati sono controllate dai media, che spesso si interessano delle questioni solo all’apice della loro tensione, o solo quando è loro più comodo.

Israele ha lanciato un assalto militare su Gaza il 7 ottobre, dopo che il gruppo militante Hamas, che governa Gaza, ha ucciso 1.200 persone tra soldati e civili oltre ad averne rapite circa 250.

L’offensiva di Israele ha polverizzato tratti della Striscia di Gaza e drasticamente ridotto le forniture critiche, mettendo l'intera popolazione palestinese di oltre 2,2 milioni di persone a rischio di carestia. Gli attacchi israeliani a Gaza hanno ucciso 34.904 palestinesi e ferito altre 78.514 persone, secondo il Ministero della Salute locale. Direi una risposta ben lontana dall’essere proporzionata all’offesa.

Ma al di là dei dati agghiaccianti, ciò che è necessario comprendere è la reale struttura del conflitto. Quella che è in corso da ormai oltre 75 anni non è una guerra tra due stati o tra due popoli.

Lo Stato di Israele è uno stato fondato e costituito come colonia d’insediamento. Se il movimento sionista, che è sfociato nella costituzione dello Stato d’Israele, è stato ed è un progetto coloniale, lo è nella misura in cui ha inteso e continua a insediare una popolazione in un territorio, anche con la violenza.

Quindi questo non è un conflitto “alla pari” tra due stati che si combattono per confini e diritti. È un lento processo di occupazione colonialista da parte di uno stato ai danni di un popolo.

Non può non esserci il richiamo alla nostra coscienza collettiva, perché questa tragedia che si sta consumando in Medio Oriente non è solo un problema di Israele e Palestina. È un problema dell'intera umanità, e non possiamo voltare le spalle davanti a tanto orrore.

La necessità di un cessate il fuoco è urgente e ineludibile. Ogni minuto che passa senza una tregua è un minuto in cui vite innocenti vengono spezzate, famiglie distrutte e speranze annientate. Ma non è sufficiente fermarsi qui. Dobbiamo guardare oltre il cessate il fuoco e lavorare per una pace duratura, basata sulla giustizia, sull'uguaglianza e sul rispetto reciproco.

Paragonare per comprendere

E' paradossale che alcuni tra i discendenti di coloro che ottant'anni fa furono perseguitati in Europa siano oggi, da più parti, accusati di stare commettendo loro stessi violenze paragonabili. E' paradossale che il crimine di genocidio, che fu definito proprio in conseguenza della Shoah, sia oggi imputato proprio ai discendenti di coloro che della Shoah furono vittime.

Da più parti si sostiene che il paragone sia inadeguato, financo osceno; che la Shoah sia un evento unico nella storia, il male assoluto, metafisico.

Tuttavia, se abbiamo capito qualcosa dalla Shoah, è che il parallelo e il confronto va fatto. Nell'immediato dopoguerra molte persone si sono chieste da dove venisse tutto ciò, hanno osato analizzare il nazismo nelle sue origini culturali europee. da Hannah Arendt, ai pensatori del terzo mondo, molti sono stati concordi nel ricondurre ciò che era successo a pratiche e culture preesistenti in Europa, e specificamente alle violenze del colonialismo. Dispositivi di controllo, di disumanizzazione, di sfruttamento applicati in tutto il mondo nelle colonie dell'Europa sono stati riapplicati ai territori e alle popolazioni che le potenze dell'asse occupavano.

C'era un momento della storia in cui si osava fare il parallelismo. E' questo il principio che ha portato all'elaborazione nel 1948 della convenzione sul genocidio: lo si definiva come fattispecie penale, per punire i genocidi futuri.

Paragonare è legittimo e permette di comprendere e immaginare soluzioni.

Israele è uno stato coloniale

A livello accademico, ma non a livello del dibattito pubblico, è oggi ampiamente riconosciuto che il movimento sionista che ha portato alla costituzione dello stato di Israele fosse un movimento di colonizzazione; è ampiamente riconosciuto che lo stato israeliano, dal momento della sua costituzione, ha messo in piedi un regime di violenza ed espropriazione di stampo coloniale.

Riconducibili ad una logica coloniale di espropriazione del territorio ed espulsione della popolazione sono:

la Nakba, l'espulsione dei palestinesi nel 1948, la legge marziale imposta fino al 1966 agli arabi rimasti in Israele; l'invasione e l'occupazione progressiva di sempre più territori; la creazione di bantustan in cui sono confinati con una parvenza di autorità politica i palestinesi in Cisgiordania; l'occupazione e il controllo perpetuo sui palestinesi che vivono nell'area della Palestina storica; l'embargo e la dominazione dall'esterno della striscia di Gaza.

A questo scopo, è stata necessaria, fin dall'inizio, la razzializzazione degli arabi, la definizione su base etnica della cittadinanza, che sono sfociate in un regime di apartheid a più livelli.

Quello che succede oggi, la distruzione di Gaza, che da più parti è vista come una vera e propria pulizia etnica, non è altro che la prosecuzione di quel progetto. (è la forma che prende oggi quel progetto? il risultato di quell'ideologia?)

Una pace vera

E' importante sottolineare che nel momento in cui, come speriamo, dovesse avvenire un cessate il fuoco, non sarà un punto d'arrivo, né una vittoria. Cessate il fuoco significa solamente interrompere la folle caduta nell'abisso.

Se il movimento di solidarietà con la Palestina vuole lavorare per una pace giusta, ciò implica la necessità di analizzare la situazione dal punto di vista coloniale, e così comprendere l'ingiustizia fondamentale e decennale che sta alla base e prima di questo conflitto.

Pace significa giustizia, vera cessazione delle violenze, e non semplice interruzione del conflitto aperto.

Questo significa lo smantellamento del regime coloniale dello stato israeliano, ovvero la fine dell'apartheid, i diritti civili e politici per i palestinesi, la fine dell'occupazione militare in Cisgiordania e dell'embargo a Gaza; l'abolizione dello sfruttamento del lavoro.

Per questo è ancora una volta utile fare il paragone con altri stati che, bene o male, sono usciti da situazioni analoghe: un esempio tra tutti, il Sudafrica.

Non possiamo permettere che la nostra indifferenza alimenti questo conflitto. Ogni arma venduta, ogni risorsa economica investita in questo conflitto contribuisce a perpetuare il ciclo di violenza e sofferenza. È nostro dovere, come cittadini del mondo, alzare la voce e chiedere un cambiamento.

Responsabilità italiane

Spesso sentiamo dire che non abbiamo potere d’intervento, che le decisioni importanti sono prese altrove. Invece, è importante ricordare che in quanto cittadine e cittadini italiani abbiamo la responsabilità delle azioni del nostro stato, e abbiamo la possibilità di intervenire: col nostro voto, e in quanto opinione pubblica, attraverso metodi non elettorali di fare pressione.

Informarsi, costruire un’opinione e impegnarsi a diffonderla presso le persone che ci circondano è cosa che molti tra i presenti già fanno. Continuiamo su questa strada con ancora più forza di prima.

Facciamo sapere a tutte e tutti, a gran voce, che il nostro Stato ha un ruolo non indifferente nel supporto a Israele e nella prosecuzione della violenza.

Facciamo sapere che il nostro Stato non ha fermato la vendita di armi a Israele;

Che non ha fermato la stipula di nuovi contratti per la fornitura di armamenti destinati all’esercito israeliano;

Che non ha vietato l’uso dello spazio aereo nazionale per la spedizione di materiale bellico verso le basi militari israeliane e per l’esecuzione di missioni di ricognizione militare dalla base di Sigonella;

Facciamo sapere a tutte e tutti che lo Stato italiano non ha mosso un dito quando il più volte richiamato “diritto di Israele di difendersi” ha assunto le caratteristiche di un plausibile genocidio.

Che ha “omesso di svincolarsi dalle posizioni assunte da Israele” quando la Repubblica del Sudafrica si è mossa contro Tel Aviv dinanzi alla Corte dell’Aja, e non ha fornito appoggio al Sudafrica, come invece ha fatto la Repubblica d’Irlanda

Ai nostri amici, colleghi, parenti, raccontiamo che lo Stato italiano non ha nemmeno votato a favore delle diverse risoluzioni presentate all’Assemblea Generale dell’Onu per il cessate il fuoco;

Che ha tagliato i fondi all’Unrwa e si è rifiutata di ristabilirli, a differenza di quanto fatto da Svezia, Finlandia, Canada, Francia e Commissione europea;

E infine, facciamo sapere a tutte e tutti che l’ENI, società partecipata dello Stato, ha stipulato un contratto con lo Stato israeliano per la ricerca di gas naturale nelle aree marittime appartenenti alla Striscia di Gaza, una volta che Israele avrà stabilito il controllo.

Insomma: diffondiamo l’idea che in quanto cittadine e cittadini abbiamo la responsabilità e il potere d’intervenire.

Conclusione

Ogni volta che ignoriamo ciò che sta accadendo in Palestina, siamo complici di un'ingiustizia indicibile. Ogni volta che rimaniamo in silenzio di fronte alla sofferenza di innocenti, tradiamo i valori di umanità che ci rendono veramente civili.

Chiedo a ciascuno di voi di schierarsi dalla parte della pace, della compassione e della solidarietà. Chiedo a ciascuno di voi di alzare la voce e di fare la differenza, perché solo insieme possiamo costruire un mondo in cui ogni essere umano possa vivere senza paura, senza odio e senza guerra.

Ciò che sta succedendo a Gaza in questo momento è imperdonabile.

È inaccettabile soprattutto per noi che invece torniamo a casa la sera e possiamo mangiare un pasto caldo e dormire nei nostri letti,nelle nostre case abitate dalle persone che amiamo.

Non possiamo accettare che la storia si ripeta rimanendo indifferenti di fronte a uomini, donne e bambini a cui viene tolto tutto,in questo esatto momento e non si può rimanere in silenzio di fronte ad uno stato che invece di ricordare cosa vuole dire resistere si fa addirittura complice di una delle tragedie più terrificanti dell'ultimo secolo.

È necessario lottare con tutte le forze a nostra disposizione: lo studio,il dialogo, l'informazione, l'unità, la resistenza.

C'è bisogno di consapevolezza e coesione per distruggere il male dell'indifferenza, e bisogna farlo ora.


  1. qui come "Gruppo studio di Sant'Abbondio" ↩︎